Nella chiacchiera salottiera, nei dibattiti della politica, fin nella riflessione più ponderata, la proclamazione della "fine di qualcosa" si affaccia periodicamente come preludio o speranza di un nuovo inizio.
Succede ora che tra le varie "morti" annunciate vi sia quella della psicoanalisi: la si proclama ormai debole, si sostengono - enfatizzandoli - metodi diversi di affrontare il disagio psichico, la si costringe entro i confini di un'epistemologia positivista valida a spiegare i risultati della fisica o della chimica, ma a disagio se applicata al campo della soggettività.
Certo, qualcosa in crisi nella psicoanalisi oggi c'è: ed è la rigidità di un atteggiamento codificato in un'epoca ormai lontana, passata; ma la psicoanalisi come pratica clinica, quella no, non è in crisi, non è in crisi soprattutto dopo che si è aperta rispetto al tradizionale binomio poltrona-divano.
Questo testo è la testimonianza dello stato di salute della psicoanalisi oggi: della sua capacità di lettura della modernità, della sua abilità a dialogare con altre discipline, della sua flessibilità applicativa.

Marco Focchi, psicoanalista, vive ed esercita a Milano. È membro AME dell'Associazione Mondiale di Psicoanalisi ed insegna presso l'Istituto freudiano per la clinica, la terapia e la scienza. Coordina il servizio di psicologia per un plesso scolastico a Milano. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: L'identità vuota Guerini, 1991), Evento e ripetizione (Teda, 1995), Il buon uso dell'inconscio (Editori riuniti, 2000), Il cambiamento in psicoanalisi (Boringhieri, 2001).