La teorizzazione del restauro architettonico operata da Viollet-Le-Duc si diffonde assai tardi in Italia: per buona parte dell'Ottocento i restauri vengono condotti in assenza di un vero e proprio dibattito teorico sull'argomento. Per giungere alle origini del fenomeno «restauro,, è perciò necessario abbandonare lo studio dei manuali e calarsi nella pratica dei lavori.

Il problema del recupero della storia, fondamentale per la cultura e la società ottocentesche, conferisce nuovi compiti agli operatori ed ai tecnici del settore edilizio, compiti che la stessa disciplina architettonica non è in grado di affrontare. La soluzione sarà rappresentata dai cosiddetti «archeologi», persone di varia estrazione culturale, per qualche motivo esperte di architettura antica, che sempre più spesso guidano l'operato dei tecnici.

Questa nuova figura del cantiere di restauro è impersonata in maniera esemplare dal conte Edoardo Arborio Mella, uno dei pochi a raggiungere coi tempo un alto livello professionale: il volume si propone appunto di illustrarne l'attività.

Il tema, oltre a far luce su di una fase poco conosciuta della pratica del restauro, consente di valutare meglio il dibattito successivo, ed in particolare la novità della Biologia di de Andrade o di Beltrami ed il senso di alcuni giudizi di Camillo Boito.

Filippo Morgantíní (Novara, 1958) si è laureato in architettura presso il Dipartimento di analisi e critica storica dell'Istituto Universitario di Architettura di Venezia nel 1984, con una tesi sull'architetto Arborio Mella, relatore il prof. Amedeo Bellini, con il quale attualmente collabora presso la cattedra di Teoria del restauro del Politecnico.