Questo libro colma una lacuna editoriale, presentando la prima traduzione italiana dell'importante studio pubblicato nel 1918 da Max Dvorák (1874-1921), allievo ed erede di Alois Riegl e Franz Wickhoff all'Università di Vienna e a sua volta maestro straordinario.
Dvorák vi propone una profonda interpretazione dell'arte medioevale dalle sculture del portale dei Re a Chartres fino ai dipinti di Jan Van Eyck, in cui l'analisi delle forme si fonda con la storia delle idee, in un serrato confronto con gli scritti dei teologi medioevali. Questo testo occupò un posto centrale nella raccolta postuma degli studi di Dvorák raccolti dagli allievi nel 1924 sotto il titolo programmatico di Kunstgeschichte als Geistesgeschichte (storia dell'arte come storia dello spirito): una definizione che fu una parola d'ordine e un grido di battaglia per una generazione insoddisfatta delle secche del formalismo e persuasa del fatto che "l'arte non crea solo soluzioni formali, ma con esse al tempo stesso dà corpo a una visione del mondo ( Weltanschauung )".
Scritto durante la tragedia della prima guerra mondiale, con piena consapevolezza degli sviluppi del moderno da Kokoschka a Kandinsky, questo saggio costituisce ancora una formidabile sfida alla storia dell'arte e un'occasione importante per riflettere sui suoi strumenti, metodi e scopi.
La postfazione di Riccardo Marchi chiarisce i nodi teorici del lavoro di Dvorák nel contesto del dibattito metodologico che negli anni Dieci del Novecento si misura con Riegl e Wölfflin ed è parte della più vasta discussione sulla natura delle scienze dello spirito ( Geisteswissenschaften ), e mostra la profonda affinità del testo con i problemi e i criteri di giudizio della letteratura artistica dell'Espressionismo.