La poesia ci conduce nell'ovunque dell'interrogazione e dell'esistenza.
Nel caso di quest'opera essa ha portato nel luogo della ricerca scientifica che si fa indagine e riflessione (psicologica e sociale, soprattutto ma non soltanto) sui sensi che questa attività artistica innesca in momenti, situazioni, circostanze di vita nelle quali la persona è chiamata a scrutare l'abisso del pensiero, di sé nel mondo, allorché si trova a vivere in una condizione di precarietà.
Il pensiero poetico - così come l'ascoltare, il meditare, il conoscere, il fare, nella dimensione della poesia - è una risorsa a volte spontanea, a volte cercata o trovata a causa di episodi particolari della nostra esistenza. Risorsa che andrebbe colta e messa a buon frutto in molti e diversi ambiti: dall'educazione familiare e scolastica e della formazione a tutte quelle professioni che hanno per compito la crescita della sensibilità e dell'umanità nelle persone.
Proprio in quest'ottica, il percorso di ricerca e di analisi che informa questo testo dà corso all'idea che fare poesia è fare vita. Una vita non banale, non frustrante, non piegata al solo adattamento, ma unica, irripetibile, creativa, profondamente vissuta e coscientizzata, in qualsiasi condizione essa sia vissuta: nella malattia, nel pericolo di morte, nel disagio, nella vecchiaia...
La poesia ha qualche cosa di unico, di essenziale da dire, perché nasce e invita all'ascolto autentico di sé e del mondo.
Questo ascolto non è riservato alla psicologia o meglio indagato e adoperato da una qualche disciplina particolare, speciale: esso è patrimonio dell'umanità tutta.