Nel 1943 Arrigo Serpieri, nel trattato su L'azienda agraria, invitava a conoscere i tipi di imprenditore concreto, a partire dalle caratteristiche oggettive e soggettive della sua persona.
Missione compiuta. A nemmeno cinquant'anni di distanza l'lstituto Nazionale di Sociologia Rurale è stato in grado di misurare il significato economico della presenza di giovani e anziani, di laureati o poco più che alfabeti, di titolari femmine o maschi (Agricoltura e strati sociali, ed. Angeli, 1986 e 1993). Ora l'analisi viene completata per comparto produttivo. Essa assegna la palma della presenza giovanile alla zootecnia bovina, specie da latte, e agli ovicaprini. Mentre tra le colture vegetali spiccano indubbiamente l'ortofrutta e i fiori.
L'imprenditorialità femminile trova la sua punta di diamante nella pollicoltura (un'eredità delle vecchie massaie?) nei fiori, nelle colture industriali e nell'olivo: in quest'ultimo caso, però, a livello di reddito piuttosto basso.
Quanto all'istruzione essa si presenta come uno straordinario moltiplicatore di produzione lorda vendibile, ma senza togliere un dubbio: è la laurea a fare i maggiori redditi o sono i maggiori redditi a fare il laureato? I due fattori concorrono.
L'Istituto nazionale di sociologia rurale, fondato nel 1959 da Giuseppe Medici, ha per Presidente Corrado Barberis e per Consiglieri Carlo Aiello, Giangiacomo Dell'Angelo, Giovanni E. Marciani, Gilberto A. Marselli, Biagio Notarangelo, Vincenzo Siesto, Tullio Tentori.