Il 1° gennaio 1984 avvenne lo scorporo della AT&T dalle 22 Regional Bell Operatory Companies, le società operanti nel servizio telefonico locale, nel rispetto delle direttive antitrust del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.
All'atto del disinvestimento, l'AT&T era la più grande impresa privata di telecomunicazioni del mondo, con più di 1 milione di dipendenti, oltre 7 miliardi di dollari di profitti, un fatturato attorno al 2% del Pil americano e investimenti per oltre il 9% del totale degli investimenti interni negli Usa.
L'AT&T Consent Decree del 1982 stabiliva che la riforma del settore delle telecomunicazioni americane non avrebbe riguardato i sistemi di relazioni industriali e non doveva avere particolari effetti sull'occupazione e la produttività del lavoro.A più di dieci anni da quello storico evento si può invece affermare che la successiva ristrutturazione è stata all'origine di profonde trasformazioni nelle relazioni di lavoro, con estesi processi di downsizing e di declino sindacale, accanto a revisioni e nuove forme del tradizionale patto sociale sulla sicurezza occupazionale tra management, sindacati e lavoratori.
Il "Telecommunication Act" approvato di recente negli Stati Uniti ha introdotto nuovi elementi di interazione e competizione tra i mercati delle reti telefoniche, tv via cavo, strutture multimediali e Internet.
Per il rafforzato ruolo di leadership che le imprese americane hanno nelle tecnologie e nel mercato mondiale delle telecomunicazioni, queste trasformazioni, analizzate nel volume, costituiscono un importante scenario per il dibattito sui futuri assetti economici, organizzativi e sociali del settore delle telecomunicazioni in Italia.