Composita, complessa, estremamente polisemica, la vergogna è un'esperienza che tutti gli esseri umani, in una circostanza o nell'altra, hanno vissuto. Guardiana dell'integrità del Sé e dei suoi confini, è ponte tra l'individuo e gli altri, fondamento della vita sociale, garanzia del limite, regolatore delle distanze e delle differenze.
È anche l'affetto forse più penoso e bruciante, traumatico e annichilente che l'essere umano possa provare. E per converso costituisce una delle armi più potenti per distruggere l'identità di un proprio simile.
Nonostante la vergogna sia tutto ciò e anche altro, è stata finora singolarmente trascurata e misconosciuta da chi si occupa del disagio psichico. La vergogna, con gli affetti ad essa apparentati (l'umiliazione e la mortificazione sul versante distruttivo, il pudore, la modestia, la riservatezza, il tatto su quello positivo), è forse talmente presente sotto gli occhi di tutti che non la si coglie nella sua specificità e finisce per questo in altre categorie di emozioni come la colpa, l'inadeguatezza, la sfiducia, la depressione, la rabbia, il trauma, la dissociazione.
Trascuratezza e misconoscimento da parte degli addetti ai lavori hanno certamente motivazioni storico-teoriche, ma anche e soprattutto ragioni umane. Perché se è vero che ci si vergogna di vergognarsi e di far vergognare, è probabilmente vero che ci si vergogna financo di parlare di vergogna; quasi che insieme alla morte anche la vergogna sia diventata uno dei nostri residui tabù.
Solo ora si comincia a prestare a questo affetto complesso la dovuta attenzione nel campo clinico e psico- sociale. Ed è paradossale che ciò avvenga proprio ora, quando la vergogna sta subendo modificazioni radicali nell'individuo, nei gruppi e nella società, proprio ora che sta forse scomparendo per come noi la abbiamo conosciuta, per trasformarsi nei suoi contrari, in modo tutto particolare in quelli di tipo perversivo.
Anna Maria Pandolfi è membro ordinario della Spi e dell'Ipa dal 1984. Nel 1988 ha fondato con altri colleghi la Arp. Da circa vent'anni si dedica anche alla clinica della coppia e della famiglia. Lavora privatamente come psicoanalista e psicoterapeuta e conduce gruppi terapeutici e supervisioni. Per i nostri tipi ha pubblicato Il suicidio. Voglia di vivere, voglia di morire (2000).