Il contributo approfondisce il rapporto tra Leopardi e il diritto. Sebbene, infatti, Leopardi sia noto soprattutto come poeta e filosofo, il costante rapporto che egli ebbe con la propria epoca e, quindi, con la storia e col tempo in cui visse, lo rese anche attento teorico della politica, della società e delle istituzioni. Le leggi, i codici, la giustizia, oltre alle forme di governo, occupano, infatti, un posto importante nelle riflessioni leopardiane, contenute, in particolare, nello Zibaldone di pensieri, scritto tra il 1817 e il 1832. Tali riflessioni di carattere giuridico maturano, dunque, in un periodo storico ben definito che vede, prima, con il Congresso di Vienna, l’avvio della Restaurazione e, poi, con i moti del 1820-1821, la ripresa del movimento costituzionale. L’autore, pur nella consapevolezza che il pensiero leopardiano è, nel suo insieme, e anche su argomenti come monarchia, democrazia e repubblica, così profondo, complesso e, fors’anche, contraddittorio, da non poter essere semplificato, né tantomeno orientato in alcuna direzione precostituita, ricostruisce, attraverso i passi più salienti delle Zibaldone, le riflessioni leopardiane - sulla monarchia assoluta, sullo Stato democratico repubblicano, sull’Europa, sul diritto e la legislazione del tempo, sulla situazione dello straniero e del suddito, sulla parità di genere - rivelandone, non solo, l’inattualità rispetto al dibattito del tempo, ma anche la sorprendente attualità, la capacità, cioè, di parlare anche alla nostra società contemporanea.