l’1,7% delle nascite presenta casi d’intersessualità. Questo dato è rilevante non solo dal punto di vista statistico ma anche da quello concettuale poiché ci costringe a ripensare il binarismo sessuale, spesso dato per scontato. La teoria costruzionista, a cui fa riferimento la teoria queer, che per prima ha messo in discussione la distinzione netta tra maschio e femmina, sostiene che questa divisione non sia naturale ma costruita, e che quindi lo sia anche il sesso, oltre che il genere. Per mostrare meglio cosa questo significhi prenderò in considerazione il trattamento medico delle persone intersessuali e le critiche provenienti dai gruppi di pazienti a livello internazionale riguardo a queste cure. Attraverso un percorso che va dalla riflessione sulla medicalizzazione alla normalizzazione dei corpi, cercherò di porre una domanda che va al di là della percentuale di persone intersessuali. Che cosa accade quando l’1,7% non rimane solo un numero ma diventa una possibilità? Dal 1° Novembre 2013, in Germania l’intersessualità è riconosciuta giuridicamente. Credo che questo non rappresenti solo un riconoscimento legale delle persone intersessuali, ma sia un modo per ripensare chi può essere definito maschio e chi femmina. Potrebbe essere un modo per scindere la nostra identità dal genere a cui si "appartiene" e indurci a una riflessione più ampia sul concetto stesso di genere. Attraverso il pensiero di Judith Butler cercherò di capire quanto e come un’operazione giuridica come questa agisca veramente sul riconoscimento dei soggetti e sulla costruzione del genere o se al posto di questa sia preferibile una maggiore flessibilità nella percezione delle categorie di genere esistenti. Mi sembra che la decostruzione del genere possa sì partire da una riforma giuridica ma ci siano molti altri discorsi normativi che lo determinano e su cui si può agire.
Keywords: Intersessualità, genere, medicalizzazione, queer theory, riconoscimento.