L’aula come luogo di rivelazione/intervento delle performance malavitose

Titolo Rivista MINORIGIUSTIZIA
Autori/Curatori Mario Schermi
Anno di pubblicazione 2017 Fascicolo 2016/3 Lingua Italiano
Numero pagine 11 P. 112-122 Dimensione file 126 KB
DOI 10.3280/MG2016-003010
Il DOI è il codice a barre della proprietà intellettuale: per saperne di più clicca qui

Qui sotto puoi vedere in anteprima la prima pagina di questo articolo.

Se questo articolo ti interessa, lo puoi acquistare (e scaricare in formato pdf) seguendo le facili indicazioni per acquistare il download credit. Acquista Download Credits per scaricare questo Articolo in formato PDF

Anteprima articolo

FrancoAngeli è membro della Publishers International Linking Association, Inc (PILA)associazione indipendente e non profit per facilitare (attraverso i servizi tecnologici implementati da CrossRef.org) l’accesso degli studiosi ai contenuti digitali nelle pubblicazioni professionali e scientifiche

Le mafie sono mondi a noi propinqui e prossimi. La propinquità dice del loro accadere solo a pochi passi dai nostri mondi civili e, forse, anche dentro. La prossimità dice delle differenze, ma anche di alcune (inquietanti) somiglianze con i nostri mondi. Tanto basta per riprendere a intercettare e interrogare le mafie che accadono innanzitutto presso di noi. I contesti educativi, e la scuola in particolare, sono luoghi in cui le mafie appaiono nei gesti, nelle posture, nei linguaggi portati da bambini e ragazzi. All’educazione mafiosa occorre saper rispondere con un’educazione civile, attenta alle singolarità e capace di valorizzare le nostre dimensioni pubbliche (le istituzioni, il diritto, le libertà). E questo, non negli auspici generali e/o nei progetti particolari, ma nelle aule, nel quotidiano esercizio del lavoro educativo impegnato nella formazione del cittadino.;

Keywords:Aula, pedagogia mafiosa, comunità e cerchio magico, educazione civile e educazione intima

Mario Schermi, L’aula come luogo di rivelazione/intervento delle performance malavitose in "MINORIGIUSTIZIA" 3/2016, pp 112-122, DOI: 10.3280/MG2016-003010