Nell’ancora poco conosciuto contesto dell’amministrazione economica delle curie vescovili pre-tridentine, il saggio si propone di esaminare il caso della diocesi veronese negli anni dell’episcopato ‘esemplare’ di Gian Matteo Giberti (1524-1543). Il riordino attuato nelle proprietà della mensa vescovile attraverso nuove e capillari catasticazioni dei fondi e so-prattutto attraverso il rinnovo attento delle investiture feudali e di locazione e in seguito l’estensione di tali ‘procedure’ di controllo e di miglioramento all’intera diocesi, costitui-scono i due momenti centrali del programma gibertino nell’arco di un ventennio. Accanto all’azione diretta nella mensa vescovile e nelle parrocchie, affidata a specifiche ‘figure’ cre-ate nell’ambito della familia gibertina (tra cui spiccano in primo luogo le delicate mansioni del factor) e sottoposta ad una continua verifica visitale, si colloca la creazione di specifici strumenti legislativi di codifica. Tra questi, particolare attenzione meritano le inedite Costi-tuzioni per le pievi (1540) che, in sintonia con le più note e diffuse Costituzioni per il clero, costituiscono plausibilmente la sintesi più organica degli interventi di ristrutturazione della proprietà ecclesiastica attuati dal Giberti.