L’articolo analizza gli autoritratti delle artiste come forme di narrazione culturale. Mentre dal Seicento a fine Ottocento documentano un’identità professionale spesso misconosciuta, nel corso del Novecento essi raccontano identità in cambiamento, storie individuali e trasformazioni sociali (Frida Kalho, Jo Spence), e costruiscono genealogie collettive (Rose Garrard, Judy Chicago); vanno dalle performance decostruttive delle identità di genere (Claude Cahun, Cindy Sherman), agli acting-out della Body Art (Gina Pane, Orlan), agli acting-in dell’arte attuale, segnata da una forte dematerializzazione. In chiusura si propone una breve riflessione sull’esperimento di creatività-creazione di Carla Lonzi negli anni 1960, Autoritratto, libro costruito su interviste ad alcuni artisti italiani, al termine del quale Carla Lonzi abbandonò la critica d’arte per diventare una delle fondatrici del movimento femminista in Italia.