Con due differenti sentenze della Corte di Cassazione, emesse nel corso del primo semestre 2005, anche la legislazione italiana ha ammesso che, ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, rientrano nel concetto di infermità anche i gravi disturbi di personalità e non solo le malattie mentali cosiddette conclamate. A seguito di tali sentenze, anche ai disturbi di personalità può essere attribuita un’attitudine, scientificamente condivisa, a proporsi come causa idonea ad escludere o a scemare grandemente la capacità di intendere e di volere del soggetto agente, e a farlo quindi eventualmente considerare anche come non imputabile ove essi pregiudichino totalmente o grandemente la sua capacità di intendere e di volere nel momento del fatto-reato. Vengono analizzati in dettaglio i contenuti specifici di queste due importanti sentenze ed i loro inevitabili riflessi nell’ambito della psicopatologia forense italiana.