Per un’estetica del manufatto nell’antichità classica

Titolo Rivista PARADIGMI
Autori/Curatori Giuseppe Pucci
Anno di pubblicazione 2010 Fascicolo 2010/2 Lingua Italiano
Numero pagine 9 P. 127-135 Dimensione file 321 KB
DOI 10.3280/PARA2010-002010
Il DOI è il codice a barre della proprietà intellettuale: per saperne di più clicca qui

Qui sotto puoi vedere in anteprima la prima pagina di questo articolo.

Se questo articolo ti interessa, lo puoi acquistare (e scaricare in formato pdf) seguendo le facili indicazioni per acquistare il download credit. Acquista Download Credits per scaricare questo Articolo in formato PDF

Anteprima articolo

FrancoAngeli è membro della Publishers International Linking Association, Inc (PILA)associazione indipendente e non profit per facilitare (attraverso i servizi tecnologici implementati da CrossRef.org) l’accesso degli studiosi ai contenuti digitali nelle pubblicazioni professionali e scientifiche

Giuseppe Pucci, Per un’estetica del manufatto nell’antichità classica Nell’antica Grecia la téchne definiva fondamentalmente la particolare perizia dell’artigiano. Qualunque manufatto poteva pertanto definirsi artistico. In età arcaica, tuttavia, si riconosceva che certi manufatti, definiti come daídala (tra cui le statue), esercitavano speciali poteri di "fascinazione". Questo punto di vista presenta una stretta consonanza con la teoria di A. Gell, fondata sul concetto di agency, di cui gli oggetti artistici sono indici. La statua di Phrasikleia (VI sec. a.C.) viene utilizzata come esempio di quel complesso di relazioni sociali, ideologiche ed estetiche che Gell chiama art nexus.;

Giuseppe Pucci, Per un’estetica del manufatto nell’antichità classica in "PARADIGMI" 2/2010, pp 127-135, DOI: 10.3280/PARA2010-002010