Il lavoro umano appare oggi "ridotto ai minimi termini" e avulso dal binomio individuo-impresa. La globalizzazione - con le fenomenologie della delocalizzazione, dell’ossessione per l’abbattimento dei costi del lavoro, della prevalenza della finanza sull’economia, dello sfruttamento delle persone migrate dai loro luoghi di origine e dell’esplosione del precariato - non ha di fatto depauperato la realtà del lavoro come fonte della nostra vita. La nuova organizzazione del lavoro richiede una maggior capacità di lavoro mentale ad elevato contenuto di conoscenza, variabile che riporta in scena quel binomio individuo-impresa che si vuole oggi derubricato. Il precariato riduce non solo l’appartenenza al setting lavorativo ma riduce anche la partecipazione alle relazioni sociali e il significato stesso dell’individuazione e della cittadinanza: da questo punto di vista la precarizzazione del lavoro rischia di tramutarsi in un’esclusione sociale. Fenomenologia conseguente, ma non succedanea di tali tendenze, è la difficoltà crescente da parte dei lavoratori precari ad organizzarsi in forme di condivisione del disagio e in progetti di emancipazione possibile. È urgente - secondo i dati della ricerca presentata - recuperare una cultura del lavoro capace di testimoniarne il significato civile e umano: il rischio del fallimento di tale prospettiva è che la precarietà non si limiti allo sfibramento economico del sistema, ma incida anche sulla costruzione dell’idea stessa di sé, sui modi e sulle vie per cui il sé viene alla mente.
Keywords: Individuo, impresa, lavoro umano, globalizzazione, delocalizzazione, precariato, esclusione sociale, Sé, perdita del sé, ansie persecutorie e depressive, mente.
Riccardo Asti, Silvia Belsito, Silvia Bertolini, Riccardo Boschi, Clara Canali, Monica Facheris, Erika Magni, Michela Modola, Federica Norbis, Nicolò Sacchi, Sara Pontoglio, Ugo Morelli, in "EDUCAZIONE SENTIMENTALE" 19/2013, pp. 68-87, DOI:10.3280/EDS2013-019008