L’Autore sostiene con varie motivazioni che l’utilità della testistica in ambito clinico è sovradimensionato ai giorni nostri, mentre essa va limitata a casi particolari, mentre ne viene riconosciuta la rilevanza per la ricerca. Se da un lato viene certamente tenuta in conto l’importanza della diagnosi categoriale e dimensionale, dall’altro ne viene sottolineata in ambito psicoanalitico la provvisorietà, per cui può essere riveduta nel corso del trattamento sulla base di nuove acquisizioni, e soprattutto la sua embricazione con lo sviluppo della relazione e del processo clinici. Quindi, non viene posta una netta distinzione tra processo diagnostico e processo terapeutico. Vengono poi illustrati i parametri a cui la diagnosi psicoanalitica deve fare riferimento e cioè, le "fissazioni" istintuali, i meccanismi di difesa, la tipologia delle relazioni oggettuali, l’organizzazione del Sé, l’esame di realtà e soprattutto il transfert e il controtransfert. In situazioni di grossa difficoltà diagnostica e di non facile comprensione, sono spesso le caratteristiche del controtransfert che possono essere illuminanti, già nei colloqui preliminari o nel prosieguo della terapia.