Il saggio rilegge la teoria della magia delineata da De Martino ne Il mondo magico. Più precisamente, esamina il concetto di "presenza" e interpreta il campo della presenza - con la sua polarizzazione fra la soggettività del soggetto e l’oggettività dell’oggetto - come un effetto peculiare del ritualismo magico. Il saggio formula quindi un problema o un’ipotesi più generale concernente la natura rituale di tutte le forme di soggettività come anche di oggettività. In questo senso, qualunque modalità di "evocazione" e di inquadramento rituale di una forma di soggettività e oggettività in qualche modo stabilizzata e condivisa rappresenterebbe una forma di magia. Storicamente e geograficamente, tali modalità tendono a differire fortemente l’una dall’altra. Nel mondo magico la labilità della presenza evocata è in primo piano, mentre scivola sullo sfondo nel caso di tutte quelle tecniche (come quelle a cui si affida quotidianamente l’Occidente contemporaneo) che si presentano non più o non semplicemente come "tecniche della presenza" magiche. Da questo punto di vista, resta da riflettere e da mostrare, da un lato, perché l’evocazione operata dalle tecniche delle popolazioni non letterate comporta l’instabilità costitutiva della presenza evocata; e dall’altro lato, che cosa mitiga o "forclude", nelle popolazioni letterate, l’esperienza della stessa labilità, che con tutta probabilità è ben lungi dall’essere assente o definitivamente esorcizzata. La nostra ipotesi riguarda la differenza tra tecniche della presenza basate sulla voce e l’"evocazione" e quelle basate sulla scrittura, ovvero Sugli effetti di questa trascrizione della labilità strutturale della voce.
Keywords: Invocazione, magia, morte, presenza, scrittura, soggetto, tecnica,voce.