L’articolo analizza dal punto di vista storico e teorico il rapporto tra capitale umano e migrazioni. In particolare, descrive un percorso in cui diverse teorie considerano i migranti come agenti economici che, spostandosi geograficamente, tentano di accedere a opportunità di reddito più elevate, incrementando così l’ef¬fetto dei loro guadagni nel ciclo vitale. Tale ricostruzione va dalla comparsa della prima rudimentale teoria del capitale umano di Adam Smith (1776) fino alla moderna prospettiva teorica di Larry Sjaastad (1962), che fa perno sul grado di trasferibilità delle conoscenze e competenze proprio attraverso i fenomeni migratori. Seguendo questa traiettoria, l’articolo sostiene che i procedimenti che si utilizzano entro la teoria del capitale umano consolidano, anche nell’applicazione ai fenomeni migratori, un approccio metodologico che fa riferimento all’analisi costi-benefici. Oltre che in alcuni riferimenti alla cultura economica classica o addirittura precedente, ciò è individuabile seguendo tre snodi storiografici significativi: il dibattito europeo sul valore economico della vita umana tra Otto e Novecento; il confronto di matrice statunitense sul valore dell’uomo a fini assicurativi negli anni ’30; l’analisi sui differenziali salariali decretato dal successo della Chicago School nei primi anni ’60.
Keywords: Immigrazione ed emigrazione, capitale umano, analisi costi-benefici.