In reiterati miei interventi sulla navigazione da diporto, recenti e meno recenti, ho ritenuto di poter evidenziare, per un verso, che il complesso normativo che regola la stessa ha carattere speciale rispetto al diritto autonomo della navigazione, e, per altro verso, che esso costituisce una mera legislazione di settore, anziché un diritto inteso in senso proprio: ciò, a rettifica di affermazioni ricorrenti, sovente frutto di un approccio affrettato e privo del dovuto supporto scientifico e sistematico del diritto della navigazione e dell’ordinamento generale1. La specialità della materia del diporto marittimo2, e, con essa, quella della relativa normazione3, trovano una ragion d’essere unitaria, rinvenibile nella minore intensità con cui nella navigazione da diporto si presenta il fattore tecnico, che caratterizza in particolar modo la navigazione mercantile e che costituisce la base dell’autonomia del diritto della navigazione4. La disciplina della navigazione da diporto palesa infatti, reiteratamente, un accostamento al diritto comune su aspetti e profili per i quali quella della navigazione propriamente intesa se ne è storicamente distaccata. Pertanto, la disciplina del diporto nautico, anziché rappresentare una forma di discostamento dal diritto comune ulteriore rispetto a quello costituito dal diritto della navigazione, esprime un riavvicinamento ai principi e alle regole del primo, da cui quelli del secondo si sono allontanati.