Il PSI ha esercitato un ruolo marginale nell’Italia repubblicana, conseguenza del fatto di aver avuto, fino alla sua crisi determinata dall’attacco fascista nel primo dopoguerra, una classe dirigente imbevuta di volontarismo e anarco-sindacalismo che hanno minato irrimediabilmente la forza e la capacità di presa del Partito. È il Partito comunista che nell’Italia del secondo dopoguerra svolge una politica socialdemocratica, ma regolato e governato secondo norme antidemocratiche (cooptazione e centralismo), mutuate dall’esperienza bolscevica, norme che impediscono un reale ricambio del gruppo dirigente e ne producono una crescente incapacità di cogliere i mutamenti profondi nella società italiana. Il PCI, di fatto nato nel 1941, nel nuovo quadro politico internazionale, creato dall’alleanza antifascista tra USA, Gran Bretagna e URSS, e diventato politicamente significativo dal 1943, non ha nulla a che vedere con le violenze e gli orrori sociali perpetrati nella Russia bolscevica e durante il terrore staliniano. Questo è il PCI che riesce a guidare i gruppi partigiani e poi l’opposizione di sinistra nell’Italia repubblicana, con l’apporto di giovani quadri che, contrariamente a quanto sostenuto da R. De Felice e da molti altri storici e pubblicisti, non sono passati direttamente dall’adesione al fascismo a quella al comunismo, nel segno di una ininterrotta vocazione per il totalitarismo, ma attraverso un percorso mediato dall’esperienza liberaldemocratica.
Keywords: Ideologia comunista, stalinismo, violenza e orrori sociali, Partito socialista, Partito Comunista, socialdemocrazia.