Oggi l’idea di quartiere sembra ormai aver perso quella valenza concettuale, fisica ed amministrativa, utile a interpretare una consistenza sociale specifica e pure a descrivere un ordine spaziale tradizionale omogeneo. Tuttavia, sembra permanere un certo desiderio di identificazione fra comunità locale e territorio, quanto meno in relazione a processi di riconoscimento frutto di un reiterarsi di azioni collettive nello stesso luogo. Come già altri studiosi hanno osservato ‘la centralità della dimensione pratica’ dà luogo a grumi di socialità in grado di definire addensamenti spaziali. Ma quali spazi hanno davvero (avuto) la capacità di suggerire nuove configurazioni? Quanti e quali di questi sono/sono stati davvero in grado di incidere sugli assetti urbani del quartiere e della città? Il Novecento è certamente stato uno dei momenti centrali nei quali l’idea di quartiere si è evoluta e molti dei luoghi che allora caratterizzavano quei sistemi urbani hanno mantenuto, almeno nel senso comune, una certa rilevanza per l’identificazione degli stessi. La storia di alcuni di questi luoghi rivela non solo una loro importanza nei processi di riconoscimento collettivi ma anche una reale capacità di incidere sugli assetti urbani locali e talora perfino della città. La vicenda presentata si inserisce in questo contesto e intreccia politiche pubbliche e vita collettiva di alcuni dei suoi abitanti con i cambiamenti che la Chiesa Cattolica stava affrontando in quegli anni
Keywords: Quartiere, Chiesa Comunità locale, Pratiche