Scrivere oggi su Max Weber può sembrare un atto di grande presunzione. Un pericolo che tuttavia va corso, perché il suo pensiero rappresenta un aspetto costitutivo della coscienza contemporanea. Quale idea di società, quale concezione della razionalità, quale visione del diritto e del potere ci siamo costruiti? Ogni risposta a questi interrogativi attraversa il pensiero di Max Weber. Un pensiero a volte irrigidito, «tradito nello spirito». Tornare a riflettere su Weber significa abbandonare le schematiche divisioni disciplinari e il ricorso ad un uso meccanico delle categorie sociologiche; significa presentare taluni aspetti meno frequentati, delle zone d'ombra, da cui possa emergere l'unità che sta al fondo della riflessione weberiana.
Non dunque, ad esempio, i ,tipi puri del potere legittimo» o la «legalità», bensì il "potere non legittimo" come origine del diritto moderno. E' il caso della città. Non allora la «politica di potenza», ma il discorso etico contro il «fariseismo della pace». E infine un tema del tutto nuovo all'interno delle letture weberiane: il tema del processo e della proceduralizzazione dell'azione. Un tema, questo, che Weber stesso non affronta mai sistematicamente, ma che scorre attraverso gli aspetti decisivi della teoria dell'azione, della nazionalizzazione del moderno, del diritto e del potere.
Simona Andrini è ricercatore di sociologia del diritto. Ha pubblicato ricerche su: La sociologia italiana della seconda metà dell'ottocento, in Aa.Vv., Sociologia del diritto tributario, Bari, 1979; su Amministrazione e sindacato in Emile Durkheim, in Aa.Vv., L'educazione giuridica, voi. IV, li pubblico funzionario, Perugia, 1980. Tra i suoi saggi più recenti: li rischio della conoscenza, «Democrazia e diritto», 6, 1988; La sfida del presente e il linguaggio della politica, «Rivista internazionale di filosofia del diritto», 1, 1989.