LIBRI DI ANTONIO MASTROPAOLO

L’universo giuridico non si alimenta solo di regole, principi e istituti, ma anche di raffigurazioni narrative e letterarie. A partire da questa consapevolezza, le rappresentazioni letterarie offrono qui l’occasione per una serie di approfondimenti sulla storia costituzionale italiana, che rivelano quanto lo sguardo del giurista intercetti snodi e problemi spesso al centro di una letteratura nazionale attenta più di altre all’osservazione politica e sociale. In questa chiave, il volume cerca di esaminare la peculiarità della storia costituzionale italiana alla luce della prospettiva che su di essa hanno offerto scrittori di varie epoche.

cod. 1590.2.9

Luca Geninatti Satè, Jorg Luther

Le età della Costituzione

1848-1918; 1948-2018

La ricorrenza dei settant’anni della Costituzione italiana – 1948-2018 – è l’occasione per una lettura in parallelo con il settantennio intercorso tra l’emanazione dello Statuto Albertino nel 1848 e il 1918, anno marca-tempo che vide la fine della Prima guerra mondiale e la crisi del parlamentarismo liberale, sfociato quattro anni dopo nell’esordio del regime fascista.

cod. 1590.2.6

Andrea Giorgis, Matteo Losana

Diritti uguali per tutti?

Gli stranieri e la garanzia dell'uguaglianza formale

Il fenomeno migratorio sembra mettere in discussione principi costituzionali che si ritenevano definitivamente conquistati. In taluni settori del nostro ordinamento giuridico, infatti, sono rintracciabili alcune significative discriminazioni nei confronti dei “non cittadini”: sia per quanto riguarda l’esercizio di alcune libertà fondamentali, sia per quanto concerne il godimento di alcuni diritti sociali.

cod. 893.2

Mario Dogliani, Francesco Pallante, Chiara Tripodina, Valeria Marcenò, Pinto Ilenia Massa, Antonio Mastropaolo

Come i costituzionalisti possono salvarsi l'anima. Considerazioni a margine del decreto legge salvaliste

QUESTIONE GIUSTIZIA

Fascicolo: 2 / 2010

Nella cultura democratica, in questi anni, la cautela ha ucciso troppe idee. Ha impedito di concepire soluzioni nuove, precludendosi di immaginare il futuro. Ha bloccato il pensiero, anche quello sbagliato che però può contenere germi su cui altri possono costruire. Ha favorito la conservazione, sovente per cautela strategica, sul presupposto che non fosse il tempo giusto per dire certe cose, perché il momento politico non lo consentiva o portava acqua a un’altra politica. E se le cose non si possono dire non si arriva neppure a pensarle. In ambito giustizia unicità della carriera e obbligatorietà dell’azione penale sono temi in cui è utile verificare se le opinioni consolidate non possano essere il frutto di questa prudenza autocensoria, e chiedersi se le posizioni a loro difesa della grandissima parte della magistratura non risentano di un ingessamento delle idee, non siano in qualche misura riflessi condizionati, alimentati dal bisogno di difendersi, di contrastare un clima d’assedio costellato di attacchi ingiusti e gratuiti; e chiedersi inoltre se certe difese non siano anche espressione del timore del nuovo proprio di ogni corporazione (espressione neutra, puramente denotativa di un ceto portatore di una identità professionale) comprensibile ma non per questo esente da riflessione critica. Le considerazioni che seguono non propongono certezze, ma vogliono seminare dubbi, invitare a un pensiero libero e a un dibattito laico, non condizionato da alcuna fede e da alcun ideologismo.