Ho diviso la lettura dei capitoli 3-9 del libro B della Fisica di Aristotele in due momenti: nei capitoli 3-7 viene data la definizione delle quattro cause e si pone il problema se caso e fortuna siano cause del divenire, nei capitoli 8-9 si risolve tale aporia in senso teleologico e si traggono le conclusioni sulla relazione concezione interventistica della causalità sostiene che c’è uno stretto legame fra causalità e intervento umano in natura: l’idea di una relazione causale fra due eventi (uno che causa e l’altro che è causato) ha come presupposto il concetto di azione intenzionale e nasce dalla riflessione dell’uomo sul proprio operare finalizzato nella realtà. Sebbene sia un aspetto arcaico e in contrasto con le posizioni della scienza contemporanea, in Fisica B Aristotele concepisce il divenire naturale come un agire che procede verso uno scopo ben determinato; la causa efficiens poi, in natura, costituisce l’elemento attivo che origina il movimento e impone la forma, in analogia con l’elemento attivo che nella "arte" è costituito dall’artigiano che opera la produzione. Quest’analogia suggerisce che Aristotele pensi la causa efficiente sulla base della capacità che l’uomo ha di modificare attivamente il suo ambiente, in accordo con la contemporanea teoria interventistica della causalità.