Il saggio discute l’Inventario dell’Archivio della Santa Inquisizione di Udine (Aquileia-Concordia), forse il meglio studiato tra gli archive di questo genere sopravvissuti in Italia. Accanto alla procedura ordinaria (romana), dalle carte prodotte dall’Inquisizione di età moderna è emerso un altro tipo di procedura: mentre le fonti la chiamano spontanea comparitio, nell’Inventario Del Col l’ha ribattezzata "processo sommario". Questo tipo di procedura divenne sempre più diffusa nella storia del Tribunale. La terminologia di Del Col sfuma involontariamente la funzione primaria della procedura, che derivava dalla confessione sacramentale ed era obbligatoria, in quanto la confessione pasquale era controllata attraverso i censi parrocchiali. La comparizione cosiddetta "spontanea", ma di fatto obbligatoria e seguita dall’abiura, veniva ricompensata con l’assoluzione dalla scomunica e una pena più leggera, a condizione che la confessione all’inquisitore includesse i nomi dei complici. Ciò che si intende sostenere è che il processo sommario di fatto infrangeva il segreto confessionale e utilizzava la confessione sacramentale per la persecuzione degli eretici. Inoltre, incoraggiava l’abiura e la delazione, e contribuì a far crescere il numero degli informatori del Sant’Uffizio, che non era semplicemente un tribunale penale, ma un organo per la repressione del libero pensiero.