La crisi osseto-georgiana nel Caucaso post-sovietico

Journal title AFFARI SOCIALI INTERNAZIONALI
Author/s Antonio Ricci
Publishing Year 2002 Issue 2002/3 Language Italian
Pages 18 P. File size 66 KB
DOI
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L’Ossezia è una regione nel cuore del Caucaso letteralmente tagliata in due dalla catena caucasica e perciò nettamente suddivisa in una parte settentrionale e in una meridionale. Questo dato geografico riflette la sua situazione amministrativa che, dai primi anni dell’era sovietica, la vede divisa in due entità statali autonome, le cui vicende storico-politiche sono andate nel corso degli anni differenziandosi, nonostante una origine comune antichissima e del tutto specifica che fa dell’etnia osseta un unicum all’interno del contesto caucasico. Dal 1918 il destino dell’Ossezia del Sud si è legato con quello della Georgia di cui sotto diversi nomi la regione ha costituito un’entità subordinata fino alla crisi del 1989, che ha condotto all’ottenimento di uno status di autonomia de facto. Le istanze indipendentiste degli osseti del sud nascono dalla volontà di riunirsi con gli osseti del nord oppure di sottoporsi all’amministrazione russa piuttosto che a quella georgiana a causa del tradizionale sentimento filo-russo da parte di questa popolazione, ma anche dalla necessità di trovare scampo dalle persecuzioni subite da parte del ricorrente ultra-nazionalismo georgiano, che non perdona agli osseti le simpatie filo-russe e la specificità culturale. Già nel 1920 l’ultra-nazionalismo georgiano aveva condotto al "genocidio" di quasi 20.000 osseti; nel 1989 l’ascesa al potere in Georgia del nazionalista Gamsakhurdia (ott. 1990- gen. 1992) produsse nuovi provvedimenti discriminatori e tendenti alla "georgianizzazione" delle minoranze o all’espulsione delle cosiddette etnie "non autoctone", stabilite secondo le arbitrarie ricostruzioni degli storici georgiani sciovinisti. La classe dirigente dell’Ossezia del Sud è stata pronta a reagire e a mobilitare l’attenzione dell’Ossezia del Nord e della Russia in sua difesa. Dal 1992 il conflitto è stato sedato grazie all’intervento di una forza congiunta di peace-keeping (composta da truppe russe, georgiane, sud-ossete e nord-ossete) che ha condotto le parti in conflitto a firmare un armistizio e ad accettare di negoziare la risoluzione del conflitto. Contemporaneamente è stata istituita una Commissione di Controllo Congiunta (composta dalle quattro parti interessate e dall’OSCE e l’UNHCR) affinché sorvegli l’attività della forza congiunta di peace-keeping e partecipi in qualità di osservatore ai negoziati. Particolarmente intensa è anche l’attività dell’OSCE, che ha stabilito in Georgia una Missione ad hoc, e dell’UNHCR per l’assistenza e la protezione della popolazione profuga coinvolta nel conflitto di etnia sia osseta che georgiana. Nonostante il dispiegamento delle diplomazie e le dichiarazioni accondiscendenti, il processo di risoluzione del conflitto si è ben presto arenato in una situazione di stallo, che si riverbera sulla popolazione e sul territorio che, dopo 8 anni dall’armistizio, continua a vivere in una situazione di crisi permanente. Le prospettive future vedono l’Ossezia del Sud fragile e del tutto isolata; mentre la Georgia è intenzionata a non recedere sul principio dell’integrità territoriale per non correre il rischio di scatenare la ribellione delle altre consistenti minoranze presenti nel suo territorio. Tuttavia il compromesso sembra più vicino dopo che l’adesione della Georgia al Consiglio d’Europa è stata vincolata alla risoluzione del conflitto osseto oltre a quello abkhazo.

Antonio Ricci, La crisi osseto-georgiana nel Caucaso post-sovietico in "AFFARI SOCIALI INTERNAZIONALI" 3/2002, pp , DOI: