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La Torino degli anni ’60 e ’70 è il teatro in cui crescono e diventano adulti i figli degli immigrati meridionali arrivati durante il miracolo economico. Tra questi figli, maschi e femmine vivono lo spazio urbano in modo diverso. Gli uni fin da piccoli trascorrono il tempo libero per strada, luogo principale della loro socializzazione; le altre, soggette a un maggiore controllo da parte delle famiglie e investite molto presto da responsabilità di cura, trascorrono più tempo tra le mura domestiche e godono di una più limitata libertà di movimento. Tale differenza sorprendentemente si traduce in un vantaggio per le femmine: le traiettorie scolastiche e lavorative vedono proprio loro ottenere una maggiore mobilità sociale rispetto alle famiglie di provenienza, attraverso un più ampio utilizzo delle risorse offerte dalla città in termini di istruzione e accesso alle professioni impiegatizie