L’A. ripercorre i passaggi principali del percorso storico compiuto dalla diagnosi d’isteria in psicoanalisi e in psichiatria, descrivendone le vicissitudini nel Manuale Diagnostico e Statistico del Disturbi Mentali, dal DSM-II (1968) al DSM-5 (2013). Nelle ultime edizioni (DSM-IV e DSM-5) il termine "isteria" è stato abbandonato e, con esso, anche la concezione unitaria di questa patologia, presente invece nella tradizione psichiatrica e psicoanalitica a partire dalle prime teorie moderne formulate dalla fine dell’800 (Briquet, Babinski, Bernheim, Charcot, Janet e Freud). I derivati nosologici attuali, nel DSM, possono essere rintracciati in alcune categorie distinte, come il Disturbo di conversione, la Pseudociesi e i Disturbi dissociativi, oltre al Disturbo Istrionico di Personalità. Facendo riferimento ai contributi della psicoanalisi, l’A. individua nella tendenza a comunicare il disagio attraverso canali indiretti (corpo, stati di coscienza, emotività) il denominatore comune del funzionamento isterico, che giustifica il mantenimento di questa diagnosi come categoria concettualmente unitaria.