L’articolo rievoca la concezione dell’infanzia elaborato da Cesare Lombroso, secondo la quale il bambino presenta tratti tipici del selvaggio e del delinquente ed è privo del senso morale, che si sviluppa solo tramite il percorso educativo. Questa concezione, influenzata dal darwinismo e dall’evoluzionismo ed espressa per la prima volta nel 1883, sembra in parte anticipare alcuni concetti poi elaborati da Sigmund Freud. L’affinità tra la condizione infantile e quella del selvaggio e del “pazzo morale”, evidenziata da Lombroso e Marro era largamente condivisa nella criminologia positivista, mentre in Italia cresceva l’allarme sociale per il grave incremento della devianza minorile. Nonostante la loro impostazione biodeterminista, gli studiosi lombrosiani ritenevano che, nella maggior parte dei casi, precoci e adeguati interventi educativi e formativi su fanciulli problematici potessero agevolmente riportare l’evoluzione individuale alla corretta linea filogenetica che conduceva ad un adulto onesto e socialmente responsabile. L’articolo ricorda anche il tentativo di realizzare, all’inizio del Novecento, una riforma radicale del sistema italiano di giustizia minorile, attraverso il cosiddetto “Codice Quarta”, elaborato con il contributo di illustri esponenti positivisti ma successivamente abbandonato, soprattutto per la forte ostilità espressa dalla Chiesa Cattolica.