In questo articolo viene delineata la funzione svolta dall’attività sportiva nei confronti del recluso, che consiste nel fornire una valida occasione di evasione, di aggregazione e un’alternativa all’atteggia-mento ozioso, oltre che nel trasmette valori fondamentali per il processo di crescita personale e sociale del detenuto, tra i quali: il fair-play, il rispetto delle regole, la partecipazione di tutti a un obiettivo comune, il lavoro di squadra, l’accettazione dei limiti e la lealtà nei confronti dell’avversario. Da qui l’importanza sociale di praticare sport in carcere. Una prodromica disamina sul senso della pena tra paradigma secu-ritario e paradigma trattamentale fa da apertura alle analisi sul senso di praticare attività fisica in carcere. Da una rapida descrizione della principale letteratura internazionale nel contesto, si passerà poi a delineare i case studies di alcuni progetti sociali condotti nelle carceri italiane, come esempio di buone pratiche nel settore. In conclusione, si specifica come bisognerà sempre tener presente che tale attività non deve e non può essere lasciata alla volontaria e talvolta improvvisata iniziativa individuale, ma deve diventare un progetto organico di sviluppo del senso di autonomia e di indipendenza della persona detenuta, in vista del suo ritorno in società e di un suo reinserimento sociale e lavorativo veramente efficace. Solo così, l’istituzione carceraria potrà divenire il luogo dove le strategie di prevenzione possono offrire la possibilità di evitare che il detenuto, una volta rilasciato, ritorni alla sua comunità con problemi ancora maggiori rispetto a quelli che viveva prima di entrare in istituto, con tutti i danni possibili conseguenti in termini di recidiva e di sicurezza sociale.