La propensione al discredito nei confronti della filosofia crede, da qualche tempo, di potersi avvalere di "nuove" motivazioni. Di frequente si accusa il pensiero della tradizione filosofica di essere stato rappresentazionismo e fondazionismo, ovverosia: dualismo e sforzo di afferrare, grazie ad uno speciale Vocabolario, il significato originario della realtà, quasi fosse un oggetto. Lo si ritiene inoltre responsabile di aver allevato una razionalità tirannica, proterva nei confronti delle tradizioni regionali, sorda alla voce del diverso.

Ma, che cosa accade se si mostra che all'origine la filosofia non ha affatto teorizzato l'opposizione tra soggetto e oggetto della conoscenza? e che filosofare è, prima di eventuali propositi fondativi e in ogni caso, il pensare che si porta al suo limite? Che cosa accade se si può mostrare che la conversazione indefinita, ideale del nostro tempo che celebra l'oltre della filosofia, è di qualità inferiore al dialogo filosofico? E che cosa si dovrà dire se ci si deve avvedere che all'origine e in ogni momento più alto dell'Occidente, prima e a dispetto di ogni degenerazione, è il capire che è innanzi tutto in questione e non il dominio?

Non ci si dovrà allora chiedere se il "dopo" della filosofia regga veramente al ritorno di un interrogare ancora filosofico e quale sia il reale valore delle proposte postfilosofiche più avanzate, una volta che la voce della filosofia si faccia di nuovo, e a buon diritto, udire?

Queste pagine tentano, in ascolto di quella voce e in accordo con quell'interrogare, di riconquistare il più originario senso della ragione.

Valerio Meattini, nato a Scansano (GR) nel 1950, è docente di Filosofia presso l'Università degli Studi di Bari. Tra i suoi scritti: Anamnesi e conoscenza in Platone, ETS, Pisa 1981; Il fondamento nel pensiero di Cartesio e di Berkeley Lischi, Pisa 1982; L'orizzonte etico e politico di Platone, Vigo Cursi, Pisa 1984; Ragione teoretica e ragione pratica. Martinetti interprete di Kant, Vigo Cursi, Pisa 1988.