LIBRI DI MARCO MONARI

Paolo Boccara, Giovanni Meterangelis

Enactment

Parola e azione in psicoanalisi

Sono ancora valide le parole di Freud secondo cui “nel trattamento analitico non si procede a nient’altro che a uno scambio di parole tra l’analizzato e il medico”? In questi ultimi decenni, affermare che paziente e analista interagiscono ha contribuito all’interesse per un fenomeno clinico denominato “enactment”. Questo termine descrive quei momenti in cui l’analista si accorge di venire inconsciamente indotto ad “agire” da sollecitazioni transferali o identificatorie del paziente.

cod. 1217.1.27

Eugenio Gallo, Cecilia Neri

Il potere di curare.

La costruzione del setting terapeutico

Il libro prova a definire i tre elementi relazionali essenziali che permettono di costruire un setting con potenti caratteristiche terapeutiche, valido in quasi tutti gli ambiti specialistici e nei diversi luoghi di cura, quali l’ambulatorio, la degenza, il domicilio. Il volume è indirizzato ai medici e ai professionisti della salute mentale, ma la sua lettura da parte di chi, invece, si trovi a vivere un’esperienza di cura come paziente potrà essere utile per fornire informazioni circa le condizioni che possono migliorare le capacità autoriparative dell’organismo.

cod. 1168.1.59

Marco Monari

A proposito del processo di integrazione nel lavoro clinico: esiste davvero l’Effetto Martini?

RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA

Fascicolo: 1 / 2017

La metafora dell’integrazione è inestricabilmente collegata al lavoro psichiatrico. Da un lato ciò è dovuto alla natura biopsicosociale delle principali ipotesi eziopatogenetiche delle malattie mentali. Dall’altro al fatto che il modello del lavoro psichiatrico nei servizi pubblici italiani è basato sul gruppo di lavoro multi-professionale e sulla stretta integrazione dell’apporto di ciascun operatore con gli altri. Viene definita la natura processuale del termine integrazione a questi due livelli, nei suoi significati di stretta interdipendenza collaborativa e di aggiunta di qualcosa che risulta mancante. Quando le cose funzionano, il risultato è superiore alla somma aritmetica dei suoi componenti, così come diverso e migliore è il gusto del cocktail Martini, rispetto al gin e al vermouth bevuti separatamente. Il lavoro psichiatrico mette continuamente alla prova la tenuta psicologica-emotiva del gruppo di lavoro la cui resilienza è costituita dalla capacità di gestire di volta in volta i problemi, piuttosto che dall’assenza di conflittualità. Viene descritto un terzo possibile significato del termine integrazione nel passaggio dal piano delle teorie cliniche generali circa un disturbo e la sua cura, a quello della sua praticabilità terapeutica a livello dei Servizi. In questa accezione viene sottolineato il faticoso metabolismo mentale delle basi teoriche che consente di fare proprie le teorie e di personalizzarle nell’incontro col paziente. Vengono descritti infine alcuni aspetti problematici dell’integrazione nel trattamento dei pazienti con Disturbo Borderline di Personalità.

Michele Sanza, Sara Valerio

Raccontare la cura.

I pazienti borderline parlano ai Servizi di Salute Mentale

Nell’ambito del progetto di implementazione delle Linee di indirizzo sul trattamento dei disturbi gravi di personalità della Regione Emilia Romagna è stata realizzata una ricerca sulle esperienze di cura di pazienti con diagnosi di disturbo borderline di personalità. Il volume presenta i testi delle narrazioni dei pazienti e i risultati completi dell’analisi qualitativa delle narrazioni.

cod. 1350.47

Il volume illustra l’esperienza del progetto “Lavorare con le equipe nei disturbi gravi di personalità. Modelli a confronto”, che ha coinvolto un gruppo di professionisti esperti, che hanno condotto un ciclo di seminari con lo scopo di iniziare la formazione di un gruppo di supervisori “locali” appartenenti alla rete dei professionisti dei DSM–DP in grado di sviluppare una regolare attività di Supervisione di Equipe in favore dei gruppi di lavoro appartenenti ad altri Dipartimenti.

cod. 1168.1.57

Elena Lo Sterzo, Francesco Martino, Domenico Berardi, Bianca Bortolotti, Valentina Manzo, Marco Monari, Anna Sasdelli, Paola Tedesco, Cecilia Trevisani, Marco Menchetti

Il ruolo del criticismo percepito nelle strategie di regolazione emotiva e comportamentale del disturbo borderline di personalità

QUADERNI DI PSICOTERAPIA COGNITIVA

Fascicolo: 36 / 2015

Il criticismo viene definito come un ricorso pervasivo e ripetitivo al rimprovero. Molte ricerche hanno dimostrato che il livello di criticismo familiare percepito dal paziente (CP) predice peggiori esiti di malattia nella schizofrenia, nei disturbi d’ansia e dell’umore e nel disturbo da uso di sostanze. Secondo il modello di M. Linehan, nel disturbo borderline di personalita (DBP) la disregolazione emotiva (DE) e causata dalla combinazione di una vulnerabilita emotiva biologica e un ambiente invalidante. In accordo con tale modello, il presente studio ha l’obiettivo di verificare se: 1) nei pazienti con DBP il CP predice la disregolazione emotiva e i comportamenti problematici peculiari del DBP, come la tendenza a mettere in atto azioni aggressive e auto lesive; 2) la difficolta di regolazione emotiva e un fattore di mediazione tra il CP e i comportamenti problematici. Sono stati somministrati a 57 soggetti adulti con diagnosi di DBP e 35 con altri disturbi di personalita, questionari per la valutazione del Criticismo Percepito, della tendenza all’aggressivita, dell’autolesionismo, e della disregolazione emotiva. I risultati mostrano che il contenuto del CP predice la tendenza all’aggressivita e all’autolesionismo nei pazienti con DBP ma non nei controlli. La disregolazione emotiva e un mediatore parziale tra il contenuto del CP e i comportamenti auto-lesivi e tra il contenuto del CP e i comportamenti aggressivi. Il CP puo essere uno dei fattori predisponenti all’emergere dei comportamenti aggressivi e autolesivi nei pazienti DBP. La difficolta di regolazione emotiva tipica del DBP spiega tale relazione in maniera parziale.

Paolo Boccara, Marco Monari, Giuseppe Riefolo

"Vola come una farfalla, pungi come un’ape". Configurazioni border del Sé e vicissitudini del processo dissociativo

INTERAZIONI

Fascicolo: 1 / 2013

Gli autori propongono che nelle configurazioni borderline si evidenzi con particolare frequenza un particolare livello di blocco del processo dissociativo molto primitivo, che porta questi pazienti ad organizzare una particolare dissociazione fra contesto terapeutico e persona del terapeuta. In tale particolare modalità di blocco del processo dissociativo, setting e figura del terapeuta vengono posti in opposizione funzionale e, per il terapeuta, attivare e sostenenere ad oltranza il processo dissociativo, significa essere un elemento vivo e mobile all’interno di un contesto congelato e rigido. Attraverso alcuni spunti clinici dal percorso di tre pazienti, viene descritta sia l’importanza della posizione di un analista nella gestione di un caso seguito in un servizio territoriale, sia il contributo dell’analista al processo analitico attraverso la condivisione del proprio processo dissociativo e la funzione degli enactment, proposti come un dispositivo trasformativo centrale nella cura o nella gestione delle situazioni borderline.

Paola Cuniberti, Luigi Caparrotta

Psicoanalisi in trincea.

Esperienze, pratica clinica e nuove frontiere in Italia e nel Regno Unito

I contributi di psicoanalisti italiani e inglesi impegnati in prima linea nei Servizi sanitari pubblici oppure in esperienze cliniche innovative. Il volume presenta contributi di ricerca empirica sulla valutazione dell’efficacia delle psicoterapie, offrendo una convincente testimonianza di come sia possibile intrecciare teoria e prassi, ricerca e clinica.

cod. 1250.194

L’Autore descrive le problematiche attualmente più rilevanti nel trattamento dei pazienti con grave disturbo di personalità all’interno dei servizi pubblici. Individua inoltre nel gruppo di lavoro, formato da operatori con diverse professionalità, e nella possibilità che esso svolga, tra le altre, una funzione di mentalizzazione delle diverse caratteristiche personali di ogni paziente, i fattori di relativa forza per la costruzione di un ambiente psichiatrico facilitante. Sottolinea anche le difficoltà e le fragilità dei servizi nell’esercizio di queste funzioni, che sono poco riconosciute a livello sanitario e sociale. È possibile comunque che una corretta gestione psichiatrica dei pazienti con grave disturbo di personalità, all’interno di un modello della cura in 2 tempi, che viene descritto, contribuisca ad orientarne l’evoluzione clinica. A questo scopo, viene citata una ricerca empirica, svolta da un gruppo di ricercatori, tra cui l’Autore, su 48 pazienti ambulatoriali, i quali dopo 12-18 mesi di un trattamento psichiatrico integrato con interventi psicoterapeutici e psicosociali variamente combinati, hanno manifestato una riduzione dei punteggi dell’Attachment Style Questionnaire (Feeney, 1994) relativi alle scale che valutano il Disagio per l’Intimità, la Preoccupazione per le Relazioni e la Fiducia. Molto resta ancora da fare per questo gruppo di pazienti all’interno dei servizi pubblici e l’Autore suggerisce una pianificazione più adeguata delle modeste risorse psicoterapeutiche disponibili, nonché una formazione mirata, estesa a tutti gli operatori, sui cosiddetti Fattori Terapeutici Comuni Specifici, propri di ogni relazione di cura.