L'interesse per la figura di Angelo Tasca muta e cresce con il passare del tempo e il variare della prospettiva storica e politica dell'osservatore.
Ora, ad esempio, assai più che in passato, siamo in grado di affrontare la "poliedricità caleidoscopica" di un uomo che ha attraversato l'epoca delle grandi dottrine e delle visioni totalizzanti del mondo senza mai diventarne prigioniero.
Oppure l'interesse che oggi ci riporta a Tasca è quel suo tentativo di surrogare con correttivi etici e integrazioni spiritualistiche la sua riflessione, straordinaria per modernità d'intuizione e complessità di ispirazioni, sul comunismo e sul fascismo, su rivoluzione e riforme, sull'Urss e la politica internazionale.
Quel più di analisi, insomma, che in passato poteva farlo apparire di volta in volta bizzarro o eretico, confusionario o traditore, ingenuo o lucidamente disperato, è quanto può catturare la generazione di chi, dopo l'Ottantanove, cerca le ragioni profonde di una crisi e vuole ridefinire non solo i propri percorsi politici ma soprattutto la propria identità, la propria concezione del mondo e i propri fini.