Paola e Gina Lombroso, figlie di Cesare Lombroso, si formarono nell'ambiente torinese di fine secolo ed operarono come intellettuali positiviste. Esse vennero influenzate da una cultura che ebbe, tra i suoi presupposti, l'affermazione dell'inferiorità biologica della donna. Esse furono, dunque, le destinatarie di un progetto pedagogico che prevedeva l'accesso delle donne alla conoscenza ma che, teorizzando una disparità naturale tra facoltà maschili e femminili, le condannava ad un impegno intellettuale subalterno.

Facendo uso anche di documenti personali inediti, l'autrice mette in luce i condizionamenti familiari e sociali che permisero a due donne della borghesia ebraica colta di diventare, sul finire del secolo scorso, delle intellettuali di professione.

Vengono prese in esame, inoltre, le contraddizioni oggettive e soggettive che esse dovettero affrontare nell'impegnarsi, scegliendo contemporaneamente il matrimonio e la famiglia, in una carriera relativamente inconsueta per le donne del loro tempo. Si analizza in che modo le due donne, nella difficile acquisizione di autonomia rispetto all'egemonia culturale paterna, abbiano posto le premesse di un'emancipazione personale. Si analizza infine in che modo le loro esperienze possano valere come modello di inserimento femminile nella vita intellettuale della loro epoca e siano, dunque, rappresentative di quelle di altre donne intellettuali coeve.

Delfina Dolza (Torino, 1942) si occupa da diversi anni di metodologia della ricerca storica e di Storia della condizione femminile. Ha collaborato a Il mondo contemporaneo (voce Classi medie, Firenze 1979). Ha pubblicato il saggio Per un contributo allo studio delle classi medie in Piemonte nei primi decenni del secolo.- il caso delle insegnanti in Levra, Tranfaglia (a cura di) Torino tra liberalismo e fascismo (Milano 1987). E' attualmente «Visiting Fellow» all'Università di Essex.