Nonostante ciascun periodo impronti di sé i piani urbanistici dando loro forme e contenuti riconoscibili e confrontabili, un documento di piano resta l'esito irripetibile di un determinato processo decisionale ed una vicenda di pianificazione la manifestazione di una storia locale. Entro questa ipotesi trovano spiegazione le discontinuità che consentono l'emergere del nuovo nella pratica e nella teoria urbanistica.

Lo studio di due casi sufficientemente complessi e significativi, come Bologna e Milano, nonché l'assunzione di un punto di vista fortemente orientato, tendente a cogliere l'interdipendenza tra i temi di una politica urbanistica ed il sistema dei decisori, consentono di verificare la ragionevolezza di questa affermazione, spostando l'accento sulla specificità: del contesto, delle circostanze, del sistema politico, dei contenuti di un piano.

Tema e sistema politico sono categorie ampiamente utilizzate ed evidentemente fertili, ma finora confinate entro tradizioni di lavoro incomunicanti. Una ricerca costruita sulla loro intersezione rischia per questo qualche forzatura, ma si giustifica comunque: il rapporto temi-attori, infatti, si dimostra una chiave di lettura pertinente per questioni rilevanti e ancora controverse.

L'analisi di Bologna e Milano non rientra in uno schema comparativo: si tratta dell'accostamento di due vicende, cui altre si potrebbero aggiungere, attraverso le quali diventa palese l'incidenza del 'locale' nella storia dell'urbanistica. Ciascuna dì esse suggerisce ipotesi che la trascendono e che ben si inscrivono in una riflessione generale sull'urbanistica italiana del dopoguerra, ma singolarmente, non in virtù di un confronto.

Patrizia Gabellini, nata a Riccione nel 1950, è ricercatrice presso il Dipartimento scienze del territorio della Facoltà di architettura del Politecnico di Milano. In questa stessa collana ha già pubblicato, in collaborazione, Progetto urbanistico e sinistra a Milano negli anni '70. @ redattrice della rivista Urbanistica.