Il tema della residenza in architettura ha da sempre riscontrato dubbi e perplessità nella critica come nella committenza: mentre infatti per altre destinazioni d'uso il progettista viene chiamato a svolgere il suo compito di qualità - laddove il fruitore è pubblico o l'attività è complessa -, nella casa per lungo tempo si è creata diffidenza nei confronti dell'architetto perché sembrava incapace a farsi interprete dei desideri, espressi e inespressi, del futuro abitante. Crediamo che ciò sia dovuto in parte al fatto che benessere, vivibilità e comodità degli spazi abitativi non abbiano sempre rappresentato il primo degli obiettivi di un progetto di qualità. L'architettura ha curato più spesso gli aspetti esteriori, l'immagine complessiva dell'oggetto finale, trascurando molte volte la componente essenziale, cioè l'abitabilità complessiva dell'insediamento, soprattutto per le residenze più povere, in parte a causa della scarsità di fondi iniziali e in parte proprio per la mancata coincidenza tra il committente e il futuro abitante. Una delle caratteristiche nel tempo maggiormente trascurate è stata proprio la biocompatibilità dell'alloggio finale, cioè la capacità degli spazi, dei materiali, delle soluzioni tecniche, di garantire e mantenere nel tempo alta qualità della vita e salubrità interna.
Alla luce delle nuove e necessarie teorie ambientali che spingono la programmazione dei mutamenti verso la direzione dell'ecosostenibilità, cioè l'attenzione verso l'habitat naturale e culturale, sembra giunto il momento di fare il punto della situazione. Il convegno tenuto a Napoli a giugno del 2009, oltre a mostrare i risultati di una sperimentazione progettuale svolta in sinergia tra la Regione Campania e il Dipartimento di Configurazione e Attuazione dell'Architettura dell'Università di Napoli - e a metterla a confronto con esperienze simili in giro per l'Europa -, intende dar voce proprio a queste ultime due forti esigenze, per cercare di restituire agli abitanti di un insediamento, sia in città che in periferia, una dignità e una qualità di vita che permetta alla costruzione finale di chiamarsi effettivamente "social housing".

Dora Francese, professore ordinario di Tecnologia dell'architettura presso l'Università degli studi di Napoli "Federico II", bioarchitetto socio fondatore e vicepresidente della sezione napoletana dell'Inbar (Istituto Nazionale di Bioarchitettura), ha organizzato una piattaforma di supporto agli studi sulla sostenibilità in edilizia, sviluppando inoltre una metodologia complessa di valutazione degli impatti ambientali a scala di edificio e urbana. Ha scritto vari saggi e articoli sull'architettura e sul recupero ecologico e sviluppato competenze specifiche come consulente di progetti sostenibili. Partecipa a numerose ricerche europee nel campo della sostenibilità e delle tecnologie alternative a quelle petrolio derivate, in sinergia con il Politecnico di Bari, con la seconda Università di Napoli e con numerose aziende meridionali.
Luca Buoninconti, architetto, vive e lavora a Napoli in qualità di progettista, direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza per aziende e committenti privati. Dal 2002 collabora stabilmente con il Dipartimento di Configurazione e Attuazione dell'Architettura dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II" con il quale ha stipulato diversi contratti di docenza. Cultore della materia, dal 2008 è dottorando di Tecnologia presso la facoltà di Architettura, dove sta concludendo una ricerca su metodi di valutazione olistica del comfort negli ambienti costruiti. Ha pubblicato diversi articoli per convegni e riviste sui temi del risparmio delle risorse, biocompatibilità e materiali low tech; in particolare, tramite le strutture di ricerca del Dipartimento, prende parte attivamente allo sviluppo della conoscenza sulle tecniche costruttive in terra cruda.