Nell'America del Settecento, la terra non era solo sinonimo di benessere materiale, ma anche di libertà individuale e di partecipazione politica. Con la Rivoluzione e l'affermazione del principio della sovranità popolare, il binomio terra-felicità divenne, per i coloni della frontiera, il simbolo della loro proposta per un nuovo assetto politico e sociale. Negli anni Ottanta, si delineò così uno scontro fra le élite politiche dell'Est ed i frontiersmen, che scaturiva dai loro diversi modi d'intendere le terre dell'Ovest e l'uso che se ne doveva fare. Si trattava, in fondo, di differenze interpretativi circa il significato della Rivoluzione, riconducibili alla contrapposizione di origine coloniale fra le regioni costiere e quelle dell'interno, che esprimevano percorsi «culturali» divergenti.

Le origini del radicalismo democratico della frontiera sono individuabili nell'evoluzione del concetto di legittimazione dell'autorità fra la tarda età coloniale e la fondazione dello stato federale, in una successione cronologica che illustra varie fasi e combinazioni del rapporto fra élite e ceti subalterni. L'oscillazione della frontiera tra antifederalismo e federalismo fu espressione della ricerca di un nuovo ordine politico, sociale ed economico, che implicava l'adozione di modelli comportamentali in linea con la mutata concezione del rapporto fra governanti e governati.

Susanna Delfino è ricercatrice di storia delle Americhe nella facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Genova ed è autrice di Yankees del Sud.- sviluppo economico e trasformazioni sociali nel Sud degli Stati Uniti, 1790-1860, Milano, Angeli 1987.