Il volume, esplorando un terreno di auspicabile sinergia tra studi filosofico-umanistici e cultura dell’architetto, offre, attraverso una lettura di taglio genealogico, un approccio propedeutico alle problematiche del restauro architettonico.
L’indagine prende avvio da alcune considerazioni sull’età rinascimentale, soglia sulla quale, insieme all’emergere di una nuova e peculiare sensibilità verso i monumenti dell’età classica, viene a delinearsi una questione più generale del restauro in quanto questione del rapporto con le preesistenze antiche.
Si vuole quindi mostrare, anche con strumenti e categorie di analisi mutuati dalla pratica filosofica, come accanto ad una visione del restauro come ri-fazione, che trova il suo apice nella paleontologia comparata della fabbrica di Viollet-le-Duc, venga progressivamente ad affermarsi una teoria della conservazione che, nutrendosi della battaglia letteraria per la tutela di Hugo e del richiamo moralizzatore di Ruskin, approda all’esito dell’intenso saggio di Riegl sulla moderna cultura dei monumenti.
Infine, viene considerata l’anatomia critica della produzione teorica di Cesare Brandi, la quale, rivelando tutte le difficoltà e ambiguità riflesse sul piano del restauro dai presupposti idealisti della sua filosofia dell’arte, libera definitivamente il campo ad una concezione che ridefinisce la pratica del restauro in quanto domanda e pratica genealogica, in quanto esercizio etico e autenticamente progettuale.